Considerazioni critiche sulla sentenza e sui successivi atti del Governo

La sentenza presenta elementi di ambiguità e contraddizioni al di là dell'eventuale rispondenza ai principi processuali e tecnico-giuridici.

  1. Circa la rimessione della Corte dei Conti, Regione Emilia-Romagna, la Corte Costituzionale ne dichiara la inammissibilità poiché la rimettente ha richiamato l'art. 117, primo comma, della Costituzione. ("La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali") per violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo "come interpretata dalla Corte di Strasburgo": tale espressione è stata ritenuta dalla Corte Costituzionale generica in quanto il giudice rimettente si sarebbe limitato a "evocare i parametri costituzionali, senza argomentare in modo sufficiente in ordine alla loro violazione".

    È notorio che l'art. 1 del protocollo 1 della Convenzione dei diritti dell'uomo stabilisce che "Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei propri beni" e che "Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblica utilità e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale"; al riguardo la Corte di Strasburgo ha chiarito che la nozione di "proprietà" può concernere sia i "beni esistenti" che i valori patrimoniali, ivi compresi, i crediti, e che anche il "legittimo affidamento" di ottenere il pagamento di somme ha il carattere di "bene" ai sensi della prima frase dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.

    Si tratta di giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo notoria, senza dubbio a conoscenza della Corte Costituzionale che avrebbe potuto ritenere ricompresa nell'espressione usata dalla rimettente con riferimento alla violazione dell'art. 117 Cost. "per violazione della CEDU come interpretata dalla Corte di Strasburgo".

    La dichiarazione di inammissibilità ha consentito alla Corte Costituzionale di evitare di affrontare una problematica ardua da superare.

  2. L'esclusione del carattere tributario della norma che ha sospeso la perequazione automatica delle pensioni rappresenta lo strumento offerto dalla Corte Costituzionale al Governo per reiterare l'ingiusta rapina ai danni dei pensionati.

    La corte afferma che

    1. La disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una (definitiva) decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo;
    2. La decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico;
    3. Le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, devono essere destinate a sovvenire a pubbliche spese.

    La Corte aggiunge poi che "un tributo consiste in un prelievo coattivo che è finalizzato al concorso alle pubbliche spese ed è posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva".

    La Corte conclude affermando che, in mancanza di una decurtazione patrimoniale o di un prelievo della stessa natura a carico del soggetto passivo, viene meno in radice il presupposto per affermare la natura tributaria della disposizione.

    Al riguardo si osserva che i pensionati hanno diritto alla perequazione automatica in base all'art. 69, comma 1, della Legge 23.12.2000, n. 388, che stabilisce che la rivalutazione delle pensioni è effettuata nelle seguenti misure:

    1. 100% per fasce di importo fino a tre volte il trattamento minimo;
    2. 90% per fasce di importo da tre volte a cinque volte il trattamento minimo;
    3. 75% per fasce di importo superiori a cinque volte il trattamento minimo.

    Si tratta di un bene di proprietà dei pensionati in quanto legittimo affidamento secondo l'interpretazione della Corte europea dei diritti dell'uomo e, quindi, protetto dall'art. 1 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che così si esprime: "Ogni persona fisica e giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale".

    La confisca (di questo si tratta) della perequazione automatica relativa agli anni 2012 e 2013 rappresenta una decurtazione patrimoniale, peraltro permanente, come dalla stessa sentenza rilevato (condizione "a");

    Non si tratta di modifica di un rapporto sinallagmatico in quanto non esiste un sinallagma rispetto al diritto alla pensione ed alla relativa perequazione automatica (condizione "b");

    La decurtazione è destinata a sovvenire a pubbliche spese in quanto il comma 25, dell'art. 24, del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201, motiva la sospensione della rivalutazione automatica delle pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo con "la contingente situazione finanziaria" non riferita alla gestione previdenziale, bensì alla situazione economica dell'intero Paese (condizione "c").

    Nella stessa sentenza si legge che "il Ministro chiarì nella stessa audizione che la misura da adottare non confluiva nella riforma pensionistica, ma era da intendersi quale provvedimento da emergenza finanziaria".

    Se è vero che l'utile che lo Stato ha tratto dal provvedimento è stato pari a circa 19 miliardi di euro, si è trattato di una rapina a danno dei pensionati e di un bonus in favore dei titolari di rendite milionarie ai quali non è stato chiesto di contribuire al risanamento del Paese attraverso l'aumento di qualche punto dell'IRPEF in omaggio all'art. 53 Cost. che stabilisce che "Il sistema tributario è improntato a criteri di progressività.

    La progressività nel nostro sistema tributario si ferma a redditi da € 75.000,00 (aliquota 43% IRPEF) oltre i quali l'aliquota non è più progressiva ed è uguale sia per chi ha redditi lordi pari ad € 80.000,00 sia per chi ha redditi pari a centinaia di migliaia di euro o a milioni o a miliardi. Per l'IRES non esiste progressività e tutte le società piccolissime e grandissime pagano la stessa aliquota.

  3. La Corte Costituzionale ha sanzionato l'illegittimità costituzionale della norma che ha sospeso per il 2012 e 2013 la perequazione automatica delle pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo poiché "per effetto del dettato legislativo si realizza un'indicizzazione al 100 per cento sulla quota di pensione fino a tre volte il trattamento minimo INPS, mentre le pensioni di importo superiore a tre volte il minimo non ricevono alcuna rivalutazione. Il blocco integrale della perequazione opera, quindi, per le pensioni di importo superiore ad euro 1.217,00 netti."

    La Corte ha ritenuto che tale meccanismo si differenzia dalla normativa antecedente che non discriminava tra trattamenti pensionistici complessivamente intesi, bensì tra fasce di importo (fasce di importo fino al doppio del trattamento minimo 100%; fasce di importo dal doppio al triplo 90%; fasce di importo superiori 75%) ed anche dalla normativa successiva (Art. 1, comma 483 lettera e della Legge 27.12.2013, n. 147) che prevedeva per gli anni 2014-2016 una gradazione delle percentuali di perequazione automatica, mentre per il solo 2014 era previsto il blocco integrale della perequazione per le fasce superiori a sei volte il trattamento minimo.

    Tale motivazione, posta a base della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma che ha sospeso per gli anni 2012 e 2013 la perequazione automatica delle pensioni, ha aperto la strada a provvedimenti di modifica legislativa con l'introduzione di gradualità, che, secondo la sentenza della Corte Costituzionale sarebbero legittime, ed a provvedimenti per il futuro ancora più pesanti a danno dei pensionati.

  4. Il Governo ha colto l'ambiguità della sentenza e con D.L. 21.5.2015. n. 54 ha modificato la norma incriminata prevedendo nessuna sospensione della perequazione per le pensioni di importo fino al triplo dei trattamenti mini, una perequazione del 40% per le pensioni fino al quadruplo, del 20% fino al quintuplo e del 10% fino al sestuplo e la totale sospensione per quelle superiori al sestuplo.

    Con lo stesso Decreto Legge il Governo ha adeguato ai principi della Corte Costituzionale (perequazione per fasce) anche le sospensioni relative agli anni successivi (20% per le pensioni superiori al triplo per gli anni 2014 e 2015 e 50% per l'anno 2016).

    Il Decreto Legge 21.5.2015, n. 65, dovrà essere convertito il legge entro il 20.7.2015.

    Il Presidente del Consiglio si è permesso di sberleffare i pensionati affermando che chi avesse preteso il ripristino della legalità rivolgendosi al Giudice avrebbe fnito con il dover pagare le spese legali.

    È possibile eliminare l'ingiustizia e la protervia del Governo se i parlamentari di maggioranza e di minoranza bocceranno la conversione del Decreto Legge, ricercando la copertura mediante un adeguato aumento dell'IRPEF per i redditi effettivamente elevati secondo criteri di progressività come stabilito dall'art. 53 della Costituzione e introducendo il criterio di progressività nell'IRES.


Back Indietro