Padoan Pensiero

Il Ministro dell'economia nell'intervista a Repubblica del 22.5.2015 ha affermato che "la Corte sostiene di non dover fare valutazioni economiche sulle conseguenze dei suoi provvedimenti, che non c'era una stima dell'impatto e che non era chiaro il costo (nella sentenza non risulta quest'ultima considerazione n.d.r.). Ora non è chiaro chi avrebbe dovuto quantificarlo, ma ritengo che in un dialogo di cooperazione tra organi dello Stato indipendenti, come Governo, Corte, Ministri e Avvocatura sarebbe stata opportuna la massima condivisione dell'informazione. Tutti lavoriamo per il bene dello Stato (dipende! n.d.r.): Non dico ovviamente che bisogna interagire nella fase di formulazione della sentenza, perché l'autonomia della Corte è intoccabile, ma se ci sono sentenze che hanno un'implicazione di finanza pubblica, deve esserci una valutazione dell'impatto".

In realtà il Signor Ministro auspica la formazione di un'associazione a delinquere tra gli organi istituzionali (Governo, Corte Costituzionale, Ministri e Avvocatura dello Stato) intesa ad eludere il principio del contraddittorio e della trasparenza ed a concordare le sentenze in danno dei cittadini nel cosiddetto interesse pubblico.

Bontà sua, afferma che in questa associazione a delinquere l'autonomia della Corte è intoccabile (sic), ma non si pone il problema dei cittadini che hanno adito la Magistratura confidando sulla sua integrità e sul rispetto del diritto: evidentemente li considera sudditi.

Il dubbio è che il Padoan pensiero, come sopra espresso, sia frutto della concreta esperienza vissuta dal Sig. Ministro che sembrerebbe aver assistito a concertazioni tra Governo e Magistratura circa gli orientamenti giurisprudenziali che questa avrebbe dovuto assumere in ragione degli interessi, non dello Stato e della collettività nazionale, ma del Governo in carica, della sua politica e dei poteri forti che lo sostengono: alla faccia dello STATO DI DIRITTO.

Non a caso la Corte di Cassazione, spesso in contrasto con gli orientamenti prevalenti dei giudici di merito, si è fatta carico di modificare l'interpretazione delle leggi in conformità dei desiderata dell'esecutivo che negli ultimi decenni ha avuto a cuore solo gli interessi dei potentati economici, gabellati come benefattori e produttori di lavoro, in danno dei lavoratori, dei pensionati e dei ceti medi in generale.

Anche la Corte Costituzionale, (la virulenta polemica del Governo e dei relativi allineati sembra un gioco delle parti) ha aperto la strada ai provvedimenti in danno dei pensionati acconsentendo che la "contingente situazione finanziaria" dello Stato trovi parziale soddisfazione con provvedimenti ad esclusivo carico dei pensionati, mediante la sospensione o l'azzeramento delle rivalutazioni, anziché con misure a carico degli alti redditi e profitti dei cittadini "più fortunati", diciamo così.

La Corte Costituzionale ha escluso, infatti, che il prelievo effettuato sulle pensioni mediante la sospensione della perequazione automatica abbia natura fiscale e che, quindi, i relativi oneri debbano essere posti a carico, con criteri di progressività, dei redditi di qualsiasi natura di tutti i cittadini.

Sulla base di tale ambiguità il Governo ha emanato il D.L. 21.5.2015, n. 65, con il quale, anziché regolare le modalità ed i tempi della restituzione di quanto ingiustamente trattenuto, ed assumere iniziative legislative per porre a carico di tutti i contribuenti, non solo dei pensionati, i conseguenti oneri, ha ribadito la sospensione della perequazione automatica con formali adeguamenti ai "principi" contenuti nella sentenza della Corte Costituzionale.

Ha così riconosciuto la perequazione automatica anche alle pensioni di importo fino a quattro volte il trattamento minimo nella misura del 40%, a quelle fino a cinque volte nella misura del 20% e a quelle fino a sei volte nella misura del 10%. Nessuna perequazione per le quote di pensioni superiori a sei volte il trattamento minimo.

Con l'occasione ha esteso tali criteri anche agli anni successivi aggravandoli: perequazione del 20% per le pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo negli anni 2014 e 2015 e del 50% per il 2016.

Il Governo è passato per il portone che gli ha aperto la Corte Costituzionale: avesse applicato il Padoan pensiero!!!

Occorrerà una nuova impugnazione del provvedimento mediante ricorsi individuali di ciascun pensionato, probabilmente fino alla Corte Europea dei diritti dell'uomo, con effetti devastanti sul sistema giudiziario e con ritardo di anni per il conseguimento dei diritti che, in gran parte, saranno goduti dagli eredi.


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